Fotografia e Culture Diverse
Quando prendiamo in mano una macchina fotografica, non stiamo semplicemente afferrando un oggetto tecnologico, ma un simbolo che racchiude secoli di storia e conoscenza: dalla filosofia greca classica, al Rinascimento con il contributo di Brunelleschi, fino alla scienza di Galileo. Questi grandi pensatori, con le loro scoperte e intuizioni, ci hanno permesso di arrivare all’invenzione della macchina fotografica. Scattare una foto oggi, quindi, significa riconoscere queste fondamenta storiche, perché senza una conoscenza profonda del passato è difficile creare qualcosa di davvero nuovo.
Comprendere questo significa guardare attraverso l’obiettivo della macchina fotografica come se stessi osservando il mondo con l’occhio di Galileo, che ha contribuito all’evoluzione delle lenti e degli strumenti ottici, o con quello di Aristotele, che ci ha insegnato a considerare l’arte come mimesi, imitazione del visibile. Per un fotografo, questa è la sfida più grande: capire che non sta semplicemente maneggiando un dispositivo per scattare foto, ma uno strumento che lo collega alla storia dell’arte e della scienza.
Immaginiamo, per esempio, di dare un pezzo di gesso a Leonardo da Vinci: lui ci realizzerebbe un capolavoro come la Gioconda. Lo stesso pezzo di gesso, nelle mani di Pablo Picasso, potrebbe diventare un’opera cubista.
Allo stesso modo, la macchina fotografica, data a persone di culture diverse – un buddista, un musulmano, un occidentale – produrrà sempre una fotografia che, nella sua essenza materiale, è semplicemente una foto, indipendentemente dal soggetto o dall’intento.
La fotografia, quindi, non è solo il risultato di un clic, ma un linguaggio universale che trascende le culture e si nutre delle tradizioni e dei valori di chi lo utilizza.



Ikko Narahara fotografo di cultura Zen
Potrebbe incontrare qualche problema nell’utilizzo della macchina fotografica.
Chi usa questa macchina è infatti condannato a vedere il mondo dalla prospettiva di Aristotele e di tutto ciò che abbiamo detto finora.
Motta Fotografia
testi, Toru Takemitsu, Giovanni Chiaramonte
Una persona di cultura islamica tende a realizzare fotografie in modo astratto, sfuocato o con interventi colorati. Questo perché la visione del mondo islamico non è quella dell’obiettivo fotografico, anzi l’Islam lo proibisce. Nell’Islam è più accettata la rappresentazione decorativa, che si distingue per la peculiare capacità decorativa degli ambienti con minuziose piastrelle colorate con motivi floreali e figure geometriche intrinsecamente connesse in modo eccellente. Una bellezza che incanta come le meraviglie delle meraviglie.
Palazzo Moulay Hafid, Tangeri Marocco - Sede delle Istituzioni Italiane →

Nel mondo moderno, la padronanza della tecnologia e la capacità di utilizzarla in modo strategico possono fare la differenza tra il successo e il fallimento, la precisione e l’approssimazione. Pensiamo a un pilota israeliano ai comandi di un caccia americano, in grado di abbattere venti aerei nemici in un solo giorno. Non è solo questione di addestramento o di abilità individuale: questo esempio “poco ortodosso” parla di un intreccio più profondo e complesso. È l’esito di una cultura, quella ebraica, che ha saputo integrare la conoscenza e la storia dell’Occidente, appropriandosi della sua scienza, della sua tecnologia e delle sue innovazioni. È grazie a questa assimilazione che si è reso possibile un tale dominio della strumentazione tecnologica, trasformandola in un’estensione di abilità e competenza.
Questo esempio non è solo un racconto di abilità militare, ma è anche una metafora potente per chiunque si avvicini a una tecnologia complessa come la macchina fotografica. L’uso della fotocamera, infatti, non può prescindere da una conoscenza profonda di ciò che rappresenta e di come essa comunica. Per chi intende utilizzarla al massimo delle sue potenzialità, è indispensabile comprendere e dominare l’intero bagaglio culturale, tecnico e artistico che la fotografia occidentale racchiude. Se non si assimila questa cultura, ci si limita a scattare una foto, a fare un clic: un gesto vuoto che manca di controllo e di consapevolezza, perché privo della comprensione della vera natura della rappresentazione fotografica.
“Questo per spiegare che chi intende usare la macchina fotografica non può prescindere dalla cultura occidentale: o la conosce e la acquisisce, quindi ne domina l’uso, oppure, pur sapendo fare clic, non la controlla davvero, perché non ha compreso la sua categoria di rappresentazione.”