La negazione dello sguardo…
“tra tanti fotografi ciechi c’è anche posto per un cieco fotografo” Ferdinando Scianna […]
raccolti diffusi da Giovanni Chiaramonte.
La vignetta di Fabio Chiesa spiega una delle tendenze che si stanno sviluppando da qualche tempo nel mondo della fotografia, “linguaggio definito come rinuncia allo sguardo”.
Nel film “Lisbon Story”, Wim Wenders affronta il tema di questa rinuncia, dove il personaggio regista Friedrich pone a sé le domande…,
“niente più radici, il rifiuto di un pensiero, la rovina di un amore, la preclusione di una visione personale” …, e “l’uomo è ancora capace di guardarsi in volto e cosa è un volto e infine un’immagine”…,
Intraprende il suo esperimento, gettando la sua telecamera dietro le spalle, ritenendo che così l’immagine sarebbe priva di giudizio “un’immagine che non sia stata vista è pura, vera, innocente”…
Con questo concetto d’assenza di visione, ogni riferimento a cose o persone e una pura formalità, come dire: tutto va bene e noi non possiamo, noi, non dobbiamo farci niente, dentro le molteplici replicazioni d’immagini, “un grande magazzino d’immagini spazzatura”.
La fotografia di Ugo Mulas descrive un altro fronte concettuale opposto visto da Duchamp, il rifiuto di fare, “se per fare intendiamo produrre comunque qualcosa, niente è più diverso che osservare qualcosa di già fatto”, l’uomo come opera a immagine e somiglianza di Dio.
In questa somiglianza il volto diventa immagine. “Pavel Florenskij pone la parola sguardo – volto…, non soltanto come immagine dell’uomo ma anche degli altri esseri e realtà, visione come sinonimo della parola manifestazione”…; Incontro, luogo dove posare lo sguardo, lo stupore di dare all’opera i suoi quattro lati dell’inquadratura, anagogico, allegorico, morale e letterale.
“non più spazzatura, fidati dei tuoi occhi che con il cuore si possono realizzare immagini indispensabili”…