La filosofia di Georges Gurdjieff
l’Universo un costante interconnessione di vibrazioni
Per Gurdjieff, l’Universo non è una realtà statica o materiale, ma un campo di vibrazioni interconnesse. Queste vibrazioni agiscono in qualsivoglia materia, a prescindere dal suo aspetto e dalla sua densità, dalla più sottile alla più grezza. Le vibrazioni non solo hanno diverse origini, ma si muovono in tutte le direzioni, incrociandosi e urtandosi tra loro. Così facendo, possono diventare più forti o più deboli, arrestandosi l’una con l’altra e proseguire in modo diverso. Si tratta, dunque, di una serie di vibrazioni correlate all’infinito.
Immaginiamo una goccia che cade nell’acqua e la pioggia che si riversa al suo interno: possiamo osservare un’armonia e, allo stesso tempo, una caotica correlazione armoniosa.

All’interno di questa corrente filosofica possiamo trovare un’esperienza italiana molto significativa, che è stata quella del cantautore Franco Battiato, che nel 1985 fonda la casa editrice “L’Ottava”. Non si può comprendere Battiato senza questo cammino, Fisiognomica, forse è il testo che s’addice meglio a questa radice.
“lo studio dell’Uomo deve essere compiuto parallelamente allo studio del Mondo, così come lo studio del Mondo va effettuato parallelamente allo studio dell’Uomo”.
La sua casa editrice, “L’Ottava”, pubblica libri sulla filosofia sufi (il sufismo rappresenta la dimensione mistica dell’Islam) e, in generale, sulla conoscenza interiore e spirituale. Tra i libri pubblicati figura (Vedute Sul Mondo Reale), di questo grande maestro Georges Gurdjieff, filosofo, scrittore, mistico, esoterico, compositore, musicista e maestro di danze di origine greco-armena.
La “legge dell’Ottava”, come indicata da “Gurdjieff”, non è solo un principio filosofico, ma una chiave di lettura per comprendere l’intima relazione tra “l’Uomo” e “il Mondo”. L’affermazione secondo cui “lo studio dell’Uomo deve procedere di pari passo con lo studio del Mondo, e viceversa” suggerisce che ogni fenomeno è soggetto a leggi universali di “evoluzione e involuzione” e che questi processi si sviluppano attraverso “schemi ritmici, ciclici”, simili a una scala musicale.
Infatti, l’Ottava deriva dal concetto musicale secondo cui ogni ottava è composta da “toni e semitoni”, con punti di “accelerazione e rallentamento” che determinano la direzione e lo sviluppo di un processo. Applicando questa legge allo studio dell’Uomo e del Mondo, emerge che ogni progresso nella “comprensione di sé stessi” riflette inevitabilmente una maggiore comprensione del mondo circostante e di quello interiore dell’uomo.
Questa dinamica non è statica, ma un “flusso continuo di vibrazioni” che collega ogni elemento dell’universo. La chiave di questo equilibrio risiede nella “consapevolezza di questa connessione dinamica” e nella capacità di “accordare sé stessi alla vibrazione universale”.
Il pensiero di Georges Gurdjieff rappresenta, forse, uno dei temi che oggi meriterebbero di essere studiati con maggiore attenzione. Non solo perché egli riesce a mettere in relazione i concetti culturali appartenenti a tradizioni e culture diverse, ma soprattutto perché la sua pratica conduce l’uomo verso una consapevolezza più profonda e autentica del proprio essere.
Sebbene vi sia molto da approfondire su questa corrente filosofica, nel nostro caso prettamente fotografico ciò che interessa è il pensiero che verrà generato all’interno di alcune correnti di fotografi che adoperano l’immagine in modo concettuale e astratto.
Questa influenza filosofica di Gurdjieff e Ouspensky — filosofi russi che, intorno agli anni Quaranta, danno vita a una corrente di pensiero che trova seguito anche a New York — è fondamentale per comprendere le immagini di Paul Caponigro. E non solo: altri grandi fotografi, tra cui il suo maestro Minor White, si collocano all’interno di questa filosofia.
Paul Caponigro In questo movimento, incontra una sua dimensione.
Lo dice chiaramente in un’intervista di Susan Larsen nell’anno 1999
C’è qualcosa nell’insegnamento di Gurdjieff che relaziona le persone… Insegnava che, se stai per strada e guardi qualcuno, puoi vedere la tua asinità o le tue buone qualità riflesse in loro. Perché tu non sei diverso da loro e loro non sono diversi da te, e possono ricordartelo quando ritorni in te stesso e rifletti su ciò che stai manifestando.

Fotografo statunitense, Caponigro nasce il 7 dicembre 1932 a Boston, Massachusetts. Inizia ad interessarsi alla fotografia alla giovane età di 13 anni, dopo la sua cresima ricevette dei soldi e cerco un macchina fotografica che potessi permettersi. Lo studio non era il suo forte, la scuola, la matematica, l’aritmetica, non entravano nei suoi interessi.
Come egli stesso dice:
…la natura è stata davvero la mia più grande insegnante, avevo capito che la natura era la mia maestra, quella astrazione che si compone tra gli elementi…

Nel periodo di leva militare, esprime un pensiero che definisce ciò che sarebbe la sua arte, la sua opera fotografica:
Intervista di Susan Larsen a Paul Caponigro anno 1999
…ero in macchina con l’autoradio accesa, guidando lungo il mare. Osservavo le onde infrangersi e qualche uccello volare sopra di me. L’atmosfera era proprio così. Tutto si muoveva, anche io. Mi resi conto che il ritmo dell’auto era in sintonia con quello delle onde che si avvicinavano. A volte, la musica proveniva dalla radio, e questa, per usare un termine, era l’equivalente a ciò che stavo sperimentando visivamente. Era come se tutto si bloccasse e riconoscessi che le proporzioni, i toni, gli elementi si mescolavano e si riflettevano l’un l’altro. È questo che credo mi abbia permesso di vedere come il caos intorno a noi possa essere ordinato e reso visibile, come una composizione musicale che si manifesta visivamente…

Se negli studi di Gurdjieff e Ouspensky, erano noti per combinare elementi di diverse tradizioni spirituali (cristianesimo, sufismo, buddismo), troviamo un approccio sincretico alla ricerca della verità interiore.
Anche nello scrittore Yann Martel, autore del celebre romanzo “Vita di Pi”, possiamo individuare alcune tematiche che suggeriscono affinità con i concetti esplorati dai due filosofi russi.
Il protagonista, Pi Patel, è impegnato in una profonda ricerca spirituale e filosofica, affrontando prove estreme che lo spingono a esplorare i limiti della sua fede.
Nel libro “La Quarta Via”, Ouspensky esplora il concetto secondo cui la realtà percepita è solo una piccola frazione di ciò che realmente esiste. La ricerca della verità e della conoscenza interiore ha come obiettivo principale il risveglio della coscienza e la liberazione dall’automatismo della vita quotidiana.
Anche Martel gioca con il concetto di realtà, proponendo due versioni della storia di Pi: una realistica (dove emerge l’uomo in una ferocia inaudita) e una simbolica (dove gli animali rappresentano la propria natura), lasciando al lettore la libertà di scegliere a quale credere.
Per Gurdjieff, la sofferenza consapevole è uno strumento di trasformazione spirituale e un mezzo di crescita interiore. Allo stesso modo, il viaggio di Pi offre un’esperienza di sofferenza estrema: una ferocia irrazionale che l’uomo preferisce non rappresentare. Questa esperienza conduce Pi a una trasfigurazione allegorica del suo racconto, trasformando simbolicamente i limiti estremi dell’essere umano in qualcosa che può essere rappresentato come “bestie feroci”.
Il lettore ha dunque la possibilità di scegliere la versione della storia che preferisce. Pi ci mostra due modi di guardare la stessa realtà e di scegliere, in definitiva, la storia “migliore”.