Un crogiolo culturale
nato nel deserto
L’Identità della civiltà greco-romana e ebraico-cristiana in occidente e l’inserzione della componente islamica nel mondo iberico e in tutta la penisola italica con uno dei più importanti filosofi islamici Averroè.
Nella penisola Arabica intorno alla fine del 500, Maometto (Muhammad – profeta e messaggero di Dio) riceve una sua rivelazione, riconoscendo tutta la rivelazione di Abramo e di Cristo e si conclude con la rivelazione fatta ha lui, nascendo così l’Islam. Religione monoteista basata sul culto esclusivo di un Dio, unico e indivisibile. In questo grande intreccio L’Islam è importante nella componente europea mediterranea.

l'Annunciazione dall'Arcangelo Gabriele a Maometto.
L’assenza di raffigurazioni è dettata da precise disposizioni del Corano, che vieta la rappresentazione diretta di Dio e dei suoi profeti. La comprensione del divino non è accessibile allo sguardo umano, poiché Dio è trascendente. Se per i cristiani Cristo è la figura che rappresenta Dio, per i musulmani il Corano svolge un ruolo simile: Dio non si rivela in una persona, ma attraverso la trascrizione divina di un testo.
Averroè tentò di ripristinare gli insegnamenti di Aristotele.
Divenne noto per i suoi ampi commenti su Aristotele, molti dei quali furono tradotti in latino e in ebraico. Le traduzioni della sua opera risvegliarono l’interesse dell’Europa occidentale per i pensatori greci. Un’area di studio che era stata ampiamente abbandonata dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, nel 476 d.C.
Averroè sosteneva che l’intelletto doveva essere un mediatore universale, condiviso da tutti gli esseri umani, una conoscenza intellettuale universale ed eterna. Questo pensiero fu condannato dalla Chiesa cattolica, generando controversie nella cristianità latina. Sebbene indebolito dalle condanne e dalle critiche di Tommaso d’Aquino, questo pensiero iniziò un movimento filosofico chiamato Averroismo latino che continuò ad attrarre seguaci fino al XVI secolo.
Il Trionfo di San Tommaso d'Aquino, di Lippo Memmi - 1323 →
Il “Trionfo di San Tommaso d’Aquino” è un dipinto realizzato da Lippo Memmi, che raffigura simbolicamente la supremazia del pensiero tomista. La scena mette in evidenza il confronto intellettuale tra San Tommaso e Averroè, due figure di straordinaria erudizione, entrambe depositarie di un vasto sapere in molteplici campi della conoscenza. La disputa teologica tra i due ruota attorno alla questione degli universali, un dibattito filosofico di grande rilievo che tocca anche il dogma della Trinità. Nel dipinto, Averroè è rappresentato come lo sconfitto di questa disputa, un esito che richiama le conseguenze reali della sua vita, segnate dall’esilio forzato dalla Spagna, imposto a causa delle sue idee ritenute eretiche.
Lo sviluppo dell’arte occidentale Si fonda su due aspetti culturali decisivi.
Nel mondo greco, l’uomo diventa, nella sua rappresentazione, una forma armoniosa del visibile. Successivamente, nella cultura ebraico-cristiana, essendo Dio diventato visibile in Cristo1“La dimensione dell’immagine in relazione a Cristo: Lui, attraverso di sé, diventa immagine verosimile di Dio. Pertanto, dal momento in cui questa visione nell’altro è specchio, egli non può più tradire il suo sacrificio.”, si può iniziare a inserire rappresentazioni dell’uomo all’interno degli edifici sacri, in assoluta continuità con il mondo greco-romano. Statue che imitano il mondo visibile, immagini che riproducono la forma esteriore e una cultura che si colloca all’interno di questa tradizione ne sono la testimonianza.
Un esempio lo possiamo trovare nel Duomo di Siracusa. Nelle sue mura è inglobato il tempio di Atena, risalente al V secolo a.C., che era già stato preceduto da un luogo di culto risalente all’VIII secolo a.C. Il tempio fu trasformato in basilica cristiana nell’VIII secolo d.C.
Si tratta di una ricca trama di intrecci culturali che, alimentata nel tempo da diverse correnti, merita di essere conosciuta. Conoscere queste tradizioni è essenziale per comprendere l’arte contemporanea, poiché, senza tale comprensione, non si riuscirebbe a cogliere il senso di un certo tipo di arte, come l’immagine astratta.
← Le colonne doriche del tempio greco di Atena, del secolo quinto a.C., inglobate in epoca bizantina nelle mura della navata destra del Duomo di Siracusa. Foto di Giovanni Dall’Orto, 2008.
Duomo di Siracusa, vista del prospetto laterale esterno: incorporamento delle colonne greche del tempio di Atena

Un notevole esempio di integrazione culturale si manifesta nei mosaici della Cattedrale di Santa Maria Annunziata a Otranto, che ricoprono il pavimento delle tre navate e risalgono al periodo tra il 1163 e il 1165. Questa straordinaria opera d’arte, uno dei capolavori medievali più significativi, ha come elemento centrale l’Albero della Vita, attorno al quale si sviluppano le principali rappresentazioni iconografiche. Il mosaico, giunto fino a noi quasi nella sua interezza, offre una preziosa testimonianza della cultura medievale e costituisce un percorso simbolico intriso di riferimenti teologici e filosofici, la cui interpretazione non è sempre immediata.
L’opera si distingue per la ricchezza di dettagli e la complessità del linguaggio figurativo, in cui si intrecciano elementi biblici, mitologici e allegorici. L’Albero della Vita, al centro della composizione, assume molteplici significati: da un lato rappresenta il cammino dell’umanità attraverso la conoscenza e la spiritualità, dall’altro diventa una sorta di labirinto teologico in cui coesistono riferimenti al monoteismo e al politeismo. Come evidenziato dallo studioso Grazio Gianfreda2Grazio Gianfreda, Il Mosaico di Otranto, Biblioteca Medievale in Immagini, edizioni del Grifo, 2008; Carl Arnold Willemsen, L’Enigma di Otranto, Mario Congedo Editore, 2002. Pag. 63-68 nel suo volume “Il Mosaico di Otranto”, il mosaico riflette la complessità del pensiero medievale, in cui convivono influenze di tutte le culture, indiane, persiane, egiziana, acate mesopotamica, scandinave pole nord meme3Meme, (elemento di una cultura o di un sistema di comportamento trasmesso da un individuo a un altro per imitazione.), ellenistica, platonica costantiniana, biblica, brettone.
Un’ulteriore chiave di lettura viene suggerita dal film documentario “Tempo di viaggio” (1983) di Tonino Guerra e Andrej Tarkovskij. In questa pellicola si sottolinea come l’Albero della Vita del mosaico di Otranto possa essere interpretato come una radice genealogica che unisce le culture del mondo, un simbolo di conoscenza universale in cui le diverse tradizioni si incontrano e si fondono. Questa prospettiva rafforza l’idea che l’opera non sia soltanto un capolavoro artistico, ma anche un manifesto visivo del dialogo tra civiltà, un ponte che collega Oriente e Occidente in un’epoca caratterizzata da intensi scambi culturali.