Un popolo che si definisce
“architettura del tempo”
Un altra considerazione da fare per comprendere la cultura dell’occidente nella forma nel tempo, dopo i greci e i latini c’è la componente ebraica e cristiana.
Il popolo ebraico ha origine in quelle terre tra il Tigri e l’Eufrate, dove nasce la civiltà, l’alfabeto, l’agricoltura, l’architettura. Il primo uomo di natura ebraica fu Abramo, questo pastore sostiene di essere raggiunto da esseri supremi, che l’annunciano che nella sua discendenza saranno benedette tutte le genti. Una voce la quale Abramo sostiene essere quella di Dio che le promette una terra, la terra promessa. Abramo dopo un lungo peregrinare le verrà rivelato che la terra promessa è l’attuale Israele, il monte oggi chiamato Gerusalemme, le viene detto da questa voce di sacrificare suo figlio Isacco, e Abramo per obbedienza a Dio porta il figlio su monte Moriah per il sacrificio, su questa roccia che attualmente è dentro la Moschea Dorata, Cupola Della Roccia, su questo spuntone di roccia dove Abramo avrebbe dovuto sacrificare Isacco, si sono combattute guerre da oltre tremila anni.

I concetti basilari di Israele: spazio-temporale, la concezione di un Dio al di là del mondo, che ha creato il mondo ma che non è nel mondo, il mondo come creazione di Dio, di un Dio invisibile. Dentro questa storia c’è una battuta molto importante per noi fotografi: l’uomo è immagine di Dio. Questo uomo viene definito come l’immagine di un Dio “invisibile”.
Un altro concetto è nella rivelazione a Mosè delle leggi: “Io sono colui che è”. Egli si rivela come essere, un Dio che si manifesta come l’essere qui e ora, tra questo e quello. Tra le sue leggi ce n’è una molto importante: quella del sabato. Così come Dio si riposò al settimo giorno, anche l’uomo deve imitare quel riposo.
Il tema è l’imitare Dio,
l’uomo è immagine di Dio,
un Dio che si rivela tra questo e quello,
in essere ovunque.
“Allora possiamo comprendere perché la maggior parte dei fotografi – parlo di quelli bravi – sia di origine ebraica.”
“Grandi fotografi di origine ebraica che hanno lasciato un segno nella storia della fotografia”
Ecco alcuni tra i più noti:
Adesso, quando guardiamo questi autori, non pensiamo alle loro biografie, alle loro credenze o a ciò che hanno scritto su di loro.
Guardiamo le loro fotografie, cerchiamo di entrare nel loro movimento, nello specchio del loro sguardo, e inizieremo a comprendere cosa si intende per “architettura del tempo.”
“Buona visione.”
L’elemento del tempo è fondamentale per l’ebreo, decisivo nell’esperienza del sabato, un tempo che va dal tramonto al tramonto. In questo tempo, essi sperimentano che il loro essere è un’architettura del tempo: “Israele è un’architettura del tempo”. Qualcosa del tempo l’hanno capita, visto che gran parte degli antichi popoli sono scomparsi culturalmente, mentre il popolo ebraico, dal XVIII secolo a.C., è ancora qui. Anzi, in questo momento stanno combattendo una guerra antichissima, quanto assurda, e per certi versi la stanno combattendo anche per noi.
L’attesa sta nel non trattare il mondo come se lo avessimo già visto.
Un popolo che si definisce un’architettura del tempo, perché tutta la sua esistenza si configura come un destino: “essere”, come dice la profezia di Abramo, “essere, benedizione per tutte le genti”, in attesa di una figura che ci sarà alla fine dei tempi: “il Messia”. Da quel momento, il tempo, così come lo conosciamo, finirà.
Si pensi che ai tempi di Re Salomone circa il X secolo a.C., si distaccò una tribù ebraica, che si chiamano “Falascia”, ritrovati poi in Etiopia. Minacciati dalle repressioni del governo etiope, Israele decise di trasportarli nel proprio territorio attraverso un ponte aereo. Tra il 1980 e il 1991, furono evacuati circa 5.000 ebrei etiopi nella prima operazione, seguita poi da un trasferimento massiccio di circa 90.000 persone, pari all’85% della comunità presente in Etiopia. Gli studiosi ebraici ritengono che questo gruppo rappresenti ciò che rimane di una delle tribù perdute di Israele.
Per alcuni ebrei, il Messia è già arrivato nel periodo che l’Impero Romano avrebbe poi definito “anno zero”. Questo Messia, Gesù Cristo, dà origine al cristianesimo, che si sviluppa proprio nell’epoca romana, in un contesto culturale che aveva già assorbito elementi greci, ebraici e cristiani.
Nel 350 d.C., un generale romano cresceva leggendo “l’Iliade”, “l’Odissea” e “l’Eneide” di Virgilio, scritta in latino, ma aveva anche familiarità con la Bibbia “ebraico-cristiana”. Questo crogiolo di culture ha dato vita a ciò che chiamiamo “cultura occidentale”, dove l’ebreo afferma che il mondo dipende da questa architettura del tempo, mentre Virgilio scriveva: “Caro Romano, ricordati che il tuo compito è governare le genti”. Un’eredità che, in parte, continua nella “Chiesa apostolica romana”.
Dalla genealogia di Abramo nascono le tre grandi religioni monoteiste:
“ebraismo, cristianesimo e islam”.